LA MELA

Sib/La Pomme / Francia, Iran, 1998 / Durata [min] 85

Genere: Drammatico

Regia: Samirah Makhmalbaf

Cast: Massoumeh Naderi – Massoumeh / Zahra Naderi – Zahra / Ghorbanali Naderi – il padre / Azizeh Mohamadi – Azizeh / Zahra Saghrisaz – l’assistente sociale

Fascia età personaggiinfanzia


Sinossi

In un quartiere a sud di Teheran il padre e la madre di due bambine vengono denunciati dai vicini perché non permettono alle loro figlie di uscire per strada, costringendole in uno stato di analfabetismo, isolamento e denutrizione. Incaricata di svolgere indagini, un’assistente sociale scopre che le due gemelle di appena dodici anni vivono segregate sin dal giorno in cui sono nate. Il padre, finito su tutti i giornali, si sente profondamente offeso e disonorato da tanto clamore. Spiega all’assistente sociale che tale comportamento è dettato dalla sua condizione di estrema povertà, dallo stato di cecità della moglie e dalla paura che, in sua assenza, le piccole possano farsi male. Un po’ alla volta le ragazzine iniziano a uscire e a scoprire il mondo. Più arduo sarà il percorso che porterà i genitori a prendere coscienza della condizione imposta alle loro figlie.


Critica

Ispirato a un fatto realmente accaduto in un quartiere della capitale iraniana, il film ha come interpreti gli autentici protagonisti della vicenda. Partecipare alla rappresentazione della propria storia diventa parte di un percorso terapeutico di confronto e di rielaborazione dell’esperienza. Non a caso la prima parte dell’opera presenta immagini video, un evidente riferimento alla cronaca, mentre il resto è girato in pellicola. Il film vuole assumere un valore formativo, porsi come valido supporto a un’assistenza sociale che non si limita a riparare i danni, ma riscatta l’individuo.

Attraverso il tema dell’infanzia, ricorrente nel cinema iraniano, si pone l’attenzione su temi di rilevanza sociale, come la povertà, l’analfabetismo e l’isolamento. In questo modo si sottolinea anche come gli esseri umani possano giustificare i loro comportamenti ingiusti e scorretti motivandoli con la loro condizione materiale e culturale.

Nel film si fa un ampio uso di simboli. Innanzitutto la mela che dà il titolo all’opera, frutto della conoscenza e simbolo del peccato allo stesso tempo, da cui sono tentati prima o poi tutti i personaggi. La mela è l’esca che l’assistente sociale usa per invitare le piccole a uscire e, nel finale del film, la mela appesa a un filo, fa uscire di casa la madre, alla fine del film. Infine, ogni giorno le due bambine si prendono cura di un piccolo melo.

Un altro simbolo ricorrente è lo specchio. Gli specchietti regalati a Zarah e Massoumeh hanno una doppia funzione, da un lato sono un intrattenimento, mentre dall’altra rappresentano la progressiva presa di coscienza della propria identità da parte delle protagoniste. Da qui la scelta di mostrare la madre come una donna che si rifiuta di mostrare la propria immagine. Lo chador diventa metafora del peso di una tradizione culturale in cui il marito gestisce anche l’immagine delle donne della famiglia. Infatti, afferma che la donna è come un fiore, se prende il sole appassisce.

Soltanto un percorso lungo e complesso può portare le protagoniste fuori da una visione del mondo che è quella imposta dalla cecità dei genitori, parziale nel padre, totale nella madre (la cecità costituisce infatti un’altra metafora utilizzata nel film). Come capita al

Soltanto un percorso lungo e complesso può portare le protagoniste fuori dalla visione del mondo imposta dai genitori, metaforica e anche reale nel caso della madre. Le due piccole, prima barcollando vistosamente, un po’ alla volta escono, iniziano goffamente ad assaggiare il mondo sotto forma di un gelato, fanno amicizia con alcune coetanee e, infine, esplorano il loro quartiere, innamorandosi del ticchettío di un orologio, oggetto simbolo dell’avvento di un nuovo tempo.