AKIRA

アキラ, Giappone 1988 , Durata (min) 124

Genere: Animazione, Fantascienza

Regia: Katsuhiro Otomo

Fascia età personaggiadolescenza, giovani adulti 


Sinossi

Nel 1988 una serie di esplosioni colpisce prima Tokyo e poi le altre principali capitali del mondo: è l’inizio della terza guerra mondiale. Trentanove anni dopo, Neo Tokyo è un agglomerato d’acciaio dove si aggirano bande giovanili che si sfidano in giochi violenti mentre studenti contestatori se le danno di santa ragione con la polizia. Criminalità e protesta, disoccupazione e terrorismo regnano sovrani. Kaneda e il suo amico Tetsuo fanno parte di una banda di giovani motociclisti. Durante uno scontro con un gruppo rivale, Tetsuo investe uno strano essere che ha il corpo da bambino e il volto da anziano. Un gruppo di militari sopraggiunge e porta via Tetsuo insieme allo strano essere. Kaneda, a sua volta, è arrestato dalla polizia e poi rilasciato. Conosce così Kei, una giovane terrorista. Insieme i due cercheranno di trovare Tetsuo che, nel frattempo, è diventato cavia di un esperimento governativo, il «progetto Akira», teso a sviluppare i poteri psichici di alcuni individui particolarmente dotati per sfruttarli a fini politici. 

Critica

Considerato al pari di Blade Runner e dei romanzi di William Gibson un “classico” del cyberpunk, Akira rappresenta uno dei tentativi più alti e ambiziosi di quell’industria dello spettacolo giapponese che, grazie ai suoi manga e serie animate televisive, ha già da qualche tempo conquistato un vasto pubblico adolescenziale – e non solo – in tutto l’Occidente. Con Akira l’animazione giapponese è in grado di parlare non solo a un pubblico di ragazzi ma anche a quello degli adulti. Come spesso accade in questo tipo di storie, i protagonisti della vicenda narrata sono degli adolescenti i cui tratti sono di immediata presa e facile riconoscibilità, che si trovano tuttavia immersi in vicende decisamente adulte, costretti a confrontarsi con realtà come quelle della violenza, della politica e del terrorismo. Punto di svolta essenziale della storia è l’incontro di Kaneda con la terrorista Kei, che dà vita a un vero e proprio processo di crescita dello stesso Kaneda il quale, in qualche modo, abbandona così il suo mondo adolescenziale per scoprire la realtà della società che lo circonda, il ruolo della politica, la dimensione del terrorismo, il perché di una necessaria contestazione e opposizione al sistema dominante che si svelerà ai suoi occhi in tutta la sua reale brutalità. Una brutalità espressa non più in una semplice violenza di superficie – pensiamo ad esempio alle scene d’ambiente scolastico in cui un insegnante energumeno schiaffeggia a uno a uno gli studenti davanti a un preside che approva quanto sta accadendo – ma nella logica del complotto, del piano segreto, dell’azione dietro le quinte: in una parola del «progetto Akira».  Pur ricorrendo a stereotipi tipici del genere – Kaneda che si innamora di Kei – e a un uso compiaciuto della violenza – le macchie di color rosso che invadono lo schermo non sono certo lesinate – Akira si presenta come un vero e proprio film d’autore in grado di esprimere e rappresentare, pur proiettandole nel futuro, attese e forme di comportamento tipiche del nostro mondo urbano e adolescenziale.