ALAMBRADO

 



 

Italia-Argentina 1991/ Durata (min) 90′

Genere: Drammatico

Regia: Marco Bechis

Cast: Jacqueline Lustig (Eva Logan), Martin Kalwill (Juan Logan), Arturo Maly (Harvey
Logan), Matthew Marsh (Mr. Wilson), Enrique Hariman (Sr. Sanchez), Miguel Paludi (padre
Corti), Cristina Czetto (Karina), Facundo Pereira (Manuel)

Fascia età personaggi:   adolescenza e preadolescenza


Sinossi

In una delle regioni più periferiche dell’Argentina, la Patagonia, vive il vecchio e scorbutico Harvey Logan. Di antiche origini scozzesi, Harvey è l’unico ad abitare quella landa ventosa e inospitale insieme ai due figli, la diciassettenne Eva e il tredicenne Juan. La vita della famiglia è votata all’isolamento e all’equivocità dei rapporti. In assenza della madre, morta molti anni prima, il padre non esita a trattare male i figli, i quali hanno tra loro un rapporto per lo meno ambiguo. A spezzare l’equilibrio arriva William Wilson, ingegnere inglese che vorrebbe comprare la terra dei Logan per erigere un aeroporto. Ma il vecchio non vuole abbandonare la sua casa e inizia a costruire un alambrado, un recinto, per tenere lontano chiunque. Intanto Eva seduce Mr. Wilson per convincerlo a portarla in Europa, ingelosendo così il fratello. Quando il vecchio muore di infarto, Eva si risolve a seguire l’inglese. Ma Juan non ci sta e uccide Wilson con il filo spinato del recinto. Alla ragazza non rimane altro che rimanere in quella terra, legata ancor più morbosamente al fratello, l’unica persona che le è rimasta.


Critica

Per comprendere appieno gli sviluppi tematici del film occorre partire dalla funzione del paesaggio. L’ambiente naturale, in Alambrado, non è semplice cornice del racconto o suggestivo sfondo per le azioni dei personaggi, ma è la proiezione del disagio e dell’aridità di Eva, Juan e Harvey. Il territorio brullo, l’incessante soffiare del vento, l’effetto deteriorante e corrosivo del sole, l’inospitalità delle rocce, sopra le quali si infrangono le onde di un mare sempre mosso, sono il termine di paragone con cui si misurano le psicologie disturbate dei protagonisti del film: il vecchio Harvey che si auto-consuma poco per volta, cancellando le tracce del proprio passato come fa il vento con le rocce, livellando e appiattendo tutto; l’impertinente e provocante Eva che assiste alla frantumazione inesorabile dei propri desideri di evasione quasi fossero onde infrante sulle rocce; l’arido Juan, nato e cresciuto in quelle terre, che non ha mai conosciuto luoghi alternativi se non quelli della Tv ed è quindi come una terra incolta, su cui non crescerà mai nulla. A estendere l’insensatezza della loro situazione c’è il desiderio di costruire un alambrado, un confine, una frontiera… sul nulla. Non c’è possedimento da demarcare; non c’è un cambiamento morfologico che suggerisca confini da tracciare; non ci sono insediamenti nel giro di chilometri. L’accanimento con cui prima Harvey e poi Juan piantano paletti e filo spinato dimostra così l’impossibilità, anche fisica, di qualsiasi evasione, l’inaridimento definitivo di quella famiglia, il suo implodere in se stessa. I Logan finiscono per rappresentare così l’umanità che ha superato una volta per sempre le sue metaforiche colonne d’Ercole, ovverosia che ha perso qualsiasi barlume di civiltà e che sperimenta forme di aggregazione disumanizzanti. Fratello e sorella sono come solitari Adamo ed Eva, lasciati liberi non in un paradiso terrestre o in un mondo “sociale”, ma in un deserto senza vita. Non a caso sono privi di qualsiasi punto di riferimento, in particolare di quelle istituzioni atte alla formazione delle persone: non hanno una madre, non sono mai andati a scuola. Il modello di famiglia che i due adolescenti costituiscono, soprattutto all’indomani della morte del padre, anch’egli figura che viene meno al proprio compito educativo, fa dell’ambiguità e del sovvertimento di qualsiasi regola civile la sua caratteristica principale: essi instaurano un rapporto carnale di odio/amore che si avvicina all’incesto, da una parte, e alla violenza repressiva, dall’altra. Eva non esita a fare sesso con chiunque le capiti a tiro, incurante di qualsiasi precetto morale; Juan uccide senza troppe remore colui che vuole portargli via la sorella; entrambi occultano la morte del padre, gettando il cadavere in mare, per mantenere lo status quo. Dopo la morte di Wilson, i due ragazzi si mettono a fare la lotta così come facevano nella scena iniziale del film. Il dubbio sul loro rapporto morboso si scioglie. Il cerchio si chiude, come un recinto, come uno steccato. O meglio, come un alambrado