BARAN

 



 

Persia 2001/ Durata (min) 96′

Genere: Drammatico, Romantico

Regia: Majid Majidi

Cast: Hossein Abedini (Lateef), Mohammad Reza Naji (Memar), Zahra Bahrami (Rahmat/Baran), Hossein Rahimi (Soltan), Gholam Ali Bakhshi (Najaf)

Fascia età personaggi:   adolescenza


Sinossi

Lateef è un diciassettenne iraniano che lavora come custode in un cantiere edile dove ci sono solo operai afgani irregolari. Tra i suoi compiti c’è quello di fare la spesa, cucinare e preparare il tè per i muratori. Un giorno il capocantiere Memar, sentendosi in colpa perché un suo operaio ha avuto un incidente, accetta di far lavorare suo figlio quattordicenne Rahmat e, vista la sua corporatura troppo esile, gli offre l’incarico di Lateef, costringendo quest’ultimo a trasformarsi in operaio. Inizialmente Lateef cerca di vendicarsi dell’intruso, ma quando scopre che in realtà Rahmat è una ragazza di nome Baran, se ne innamora perdutamente e decide di proteggerla a ogni costo. Fa in modo di lasciarle tutti i suoi risparmi, cerca di scoprire dove abita e come si chiama, compra le stampelle per il padre. Infine, saputo che la famiglia di lei intende tornare per sempre in Afghanistan, aiuta Baran a organizzare la partenza.


Critica

Il contesto in cui si svolge la storia di Lateef e di Baran è quello classico del film di denuncia. Povertà, lavoro minorile, immigrazione. Siamo in un cantiere edile di una città qualsiasi dell’Iran, in una struttura sociale piramidale. Sul gradino più basso ci sono gli operai afgani, la manovalanza, costretti ad accettare i lavori più umili e faticosi come d’altronde prevede il copione di qualsiasi immigrato che viva in occidente o in oriente; poi c’è il salariato iraniano che serve il tè, cucina, fa la spesa, e che quindi gode il privilegio di un lavoro meno faticoso eppure egualmente mal pagato; a un livello più in alto c’è il capo cantiere, sfruttatore di lavoratori irregolari, ma, contemporaneamente, comprensivo e a tratti paternalista, costretto a mediare tra esigenze dei padroni e proteste dei lavoratori; ancora più in su, c’è l’architetto che ha disegnato l’edificio e infine il proprietario. Questa divisione netta in classi sociali permette di comprendere meglio la reazione di Lateef. Quando Rahmat gli ruba il posto, l’affronto è ancora più grave e doloroso perché si verifica per lui un declassamento sociale insopportabile. Poco importa se il quattordicenne Rahmat deve sfamare tutta la famiglia dopo l’infortunio del padre, o se Lateef rischia di passare per razzista: il sovvertimento di classe, per di più operato da un afgano ai danni di un iraniano,  merita di essere vendicato. Tuttavia, appena scopre che Rahmat è una ragazza, Lateef si trova a vivere un secondo capovolgimento, che colpisce il suo cuore, in modo ancor più sconvolgente, tanto da cancellare gli esiti nefasti del primo. Con l’innamoramento di Lateef anche il film cambia prospettiva e stile, mette in secondo piano i temi sociali e si trasforma in un melodramma sentimentale, cambiando anche il significato dei gesti del ragazzo. Se nella prima parte egli poteva apparire attaccabrighe, immaturo, insopportabile, ora quella stessa determinazione a proteggere la sua amata, lo trasforma in eroe romanticamente inconcludente. Appena diventa oggetto degli sguardi di Lateef, Baran subisce una progressiva esclusione dal quadro, dovuta alla difficoltà del protagonista nel trovarsi faccia a faccia con la ragazza, costretto a spiarla da lontano. Quella che sarebbe potuta diventare un’interessante riflessione sulle differenze di genere o sull’omosessualità in un paese rigidamente teocratico come l’Iran, rimane invece la descrizione di una parabola che conduce alla dissoluzione e alla sconfitta del personaggio. Lateef si impegna nell’aiutare la ragazza, la protegge dagli altri operai, la salva dall’arresto e dalla sicura espulsione, dona tutti i suoi risparmi e compra una stampella al padre ferito di lei, rinunciando alla propria carta di identità, simbolo di un’identità sacrificata sull’altare dell’amore. L’esito di tutti questi sforzi smaschera un’ottica affatto pessimistica: Baran ritorna in Afghanistan senza aver rivolto nemmeno un grazie a colui che l’ha tanto aiutata; l’amore impossibile tra un ragazzo iraniano e una ragazza afgana travestita da ragazzo non si realizza; a Lateef non resta neppure, come misera consolazione, l’orma del piede di Baran. Un improvviso temporale cancella l’ultimo segno della sua presenza.