ANNA

 



 

Anna: Ot shesti do vosemnadtsati, Russia/Francia 1993/ Durata (min) 99′

Genere: Documentario

Regia: Nikita Mikhalkov 

Cast: Nikita Mikhalkov, Anna Mikhalkova, Nadezhda Mikhalkova;

Fascia età personaggi:   infanzia e preadolescenza 


Sinossi

Russia 1979-1991. Nell’arco di 12 anni, a intervalli regolari, il regista intervista la figlia Anna, ponendole pressappoco le stesse domande: cosa ami di più? cosa ti fa più paura? cosa desideri? cosa ti piace e cosa non ti piace di ciò che hai attorno? Le domande sono il pretesto e il contesto per narrare la storia e l’evoluzione della società russa degli anni Ottanta. Sullo sfondo scorrono, in forma di documentario, gli avvenimenti salienti della storia del decennio. Da Breznev a Chernenko, da Andropov a Gorbaciov, dalla Perestroika a Elstin. I filmati di repertorio si intrecciano così ai filmati privati della figlia e alla storia della famiglia Mikhalkov. Tutto scorre parallelamente alla crescita della bambina che, ormai diciassettenne, passa il testimone alla sorellina Nadia, di sei anni, probabile nuova osservatrice del decennio appena iniziato.


Critica

Anna è un film che mette in stretta correlazione il destino individuale di una persona (quello di Anna, figlia del regista Nikita Mikhalkov) e il complesso percorso civile e storico di un’intera società (quella russa degli anni Ottanta) con la convinzione che due piani così diversi dell’esistente siano interdipendenti tra loro e che nella comprensione dell’uno si possano capire le dinamiche dell’altro e viceversa.  Già dalla prima inquadratura è evidente la matrice letteraria della pellicola. Il riferimento esplicito alla letteratura è il filo che lega l’esperienza quotidiana della bambina con la cultura millenaria russa. In Anna, il regista vede la possibilità di far rivivere la “grande anima russa”, quella parte del dna del suo popolo che non viene mai meno, qualsiasi situazione sociale e politica sia in atto, e che lo tiene unito anche in un periodo di evidente decadenza come quella degli anni Ottanta. La costruzione della sua identità, attraverso il passare degli anni e il modificarsi del suo corpo, delle sue sensazioni e idee, diviene un tentativo per (ri)costruire l’identità di una comunità popolare.  La crescita di Anna è influenzata ostinatamente dall’ambiente esterno. La dimensione dell’intervista permette, infatti, di verificare il modificarsi dei suoi atteggiamenti, in relazione alle aspettative del suo contesto. Se a sei anni le sue risposte sono assolutamente istintive, già a sette ha paura di sbagliare, desiderando prima di tutto rispondere in modo esatto alle domande del padre. La dimensione della spontaneità lascia spazio ai condizionamenti esterni che arrivano in pari misura sia dalla famiglia sia dalla società, sia, ovviamente, dal mezzo cinematografico. Così il valore delle dichiarazioni di Anna non sono nel loro carattere (falsamente) documentario, ma nel loro valore simbolico. Le paure di Anna, ma sarebbe meglio dire dell’infanzia del mondo o, almeno, di quella russa, sono quelle della guerra nucleare, del destino della nazione, della perdita della patria, di come vive il suo popolo. Come contraltare, per dare ancora più forza alla testimonianza della bambina, ci sono le immagini della decadenza dell’impero sovietico.