DARATT

 



Francia-Belgio-Ciad-Austria 2006/ Durata (min) 96′

Genere: Drammatico

Regia: Mahamat-Saleh Haroun

Cast: Ali Bacha Barkaï  (Atim), Youssouf Djoro (Nassara), Aziza Hisseine (Aïcha), Khayar Oumar Defallah (il nonno), Djibril Ibrahim (Moussa), Fatimé Hadje (la zia di Moussa), Garba Issa (il vicino di Nassara), Abdéramane Abakar (il soldato del taxi brousse);

Fascia età personaggiadolescenza


Sinossi

Ciad, anni Duemila. La commissione governativa di Giustizia e Verità ha preso la decisione di indire un’amnistia per i criminali di guerra, che, durante il regime di Hissène Habré, hanno insanguinato il Paese con decenni di stragi, torture e sparizioni. Atim (che significa “orfano”) ha sedici anni e vive con il vecchio nonno cieco, poiché suo padre è stato ucciso ancora prima che lui nascesse. All’annuncio governativo, il nonno gli consegna una pistola e lo manda N’Djamena a cercare l’assassino del padre. L’ex-criminale di guerra Nassara oggi è sposato, in attesa di un figlio e fa il panettiere, distribuendo pane ai poveri e frequentando la moschea. Atim si fa assumere come apprendista, con la pistola in tasca e la ferma intenzione di ucciderlo. Ma l’ignaro Nassara lo accoglie nella sua famiglia e gli insegna l’arte di fare il pane. Tra i due prende forma un rapporto che fa vacillare il giovane nel suo proposito di vendetta. Quando perde il suo bambino durante il parto, Nassara gli propone di adottarlo, così Atim è costretto a decidere del suo futuro.


Critica

E’ durante la stagione secca, nel periodo abbacinante della siccità, che si svolge la vicenda di Atim, uno di quei tanti giovani, un’intera generazione di orfani, che si ritrovano a dover continuare a vivere dopo la violenza e l’odio della guerra civile, nella palese impunità di molti aguzzini, senza un vero progetto di pacificazione interna, fianco a fianco con gli assassini di ieri. In una siccità non solo meteorologia, ma anche interiore, il Ciad straziato e prosciugato dai lunghi anni del regime di Hissène Habré sembra aver prodotto situazioni speculari sul filo del paradosso. All’inizio, il suo è un percorso obbligato: quello che va dal villaggio natio alla capitale N’Djamena, dove vive l’assassino. Il nonno ha armato la sua mano, non solo con una pistola, ma anche con l’idea ossessiva della morte per la vita. Però, quando il ragazzo si avvicina al vecchio panettiere, pronto a puntargli l’arma contro, questi gli tende invece un pezzo di pane. A questo punto, il percorso del giovane in cerca di vendetta incomincia a mutare. Quello del mestiere sembra diventare il linguaggio giusto per cominciare un confronto. A questo punto Atim deve decidere quale sarà il suo futuro, deve scegliere, e comprende che può scegliere, quella che sarà la sua identità. Accettare equivale a tradire la memoria del suo vero padre, rinunciare significa perseverante il circuito vizioso della violenza. Non sceglie. Scappa nel deserto, nella luce accecante di un daratt dove può realizzarsi la catarsi. Atim, nato orfano, ha di fronte a sé due vecchi, altrettanto menomati: il nonno cieco che lo incalza con parole di vendetta, e l’assassino di suo padre, il panettiere che non può più parlare, e che prega in silenzio. Due spari in aria segnano la volontà di Atim: inscena una finta esecuzione per il nonno e se ne va con lui verso una nuova vita, senza più vendette, senza più vittime né carnefici.