DIARIO DI UNA SCHIZOFRENICA

 



Italia 1968/ Durata (min) 109′

Genere: Drammatico

Regia: Nelo Risi

Cast: Ghislane D’orsay (Anna Zeno), Margarita Lozano (M.me Blanche), Gabriella Mulachié, Marija Tocinowsky, Umberto Raho, Manlio Busoni, Giuseppe Liuzzi, Sara Ridolfi;

Fascia età personaggiadolescenza


Sinossi

La diciassettenne Anna soffre da tempo di schizofrenia. Nessun medico, ospedale o psichiatra è riuscito a risolvere i suoi problemi psichici. I genitori tentano l’ultima soluzione: affidarla alle cure di Madame Blanche, analista dai metodi eterodossi. Grazie a suoi esperimenti e a un nuovo modo di rapportarsi con Anna, la psicanalista riesce a venire a capo del suo complesso meccanismo psichico, basato su un linguaggio simbolico che rinvia a drammatiche esperienze infantili. Anna, infatti, ha vissuto un’infanzia di continua frustrazione, paragonata alla perfezione della sorella più piccola e ignorata dalla madre. Sostituendosi alla mamma, M.me Blanche evidenzia i sensi di colpa dell’adolescente e crea un vero e proprio rapporto filiale, soprattutto quando decide di ospitarla in casa, all’indomani di un tentato suicidio che ha messo in discussione il percorso terapeutico. Quando Anna guarita tornerà dalla famiglia, la contentezza della guarigione sarà bilanciata, in M.me Blanche, dalla sofferenza per l’allontanamento di una persona che considera ormai come una figlia. 


Critica

Diario di una schizofrenica più che un film appare una cartella clinica, un trattato di psichiatria infantile, una divulgazione scientifica. La struttura della pellicola si costruisce infatti attorno all’assommarsi di piccoli episodi che, come sedute mediche, permettono allo spettatore di entrare poco alla volta nella psiche della ragazzina e di venire a contatto con le ragioni della sua schizofrenia. Un percorso di svelamento che procede, di pari passo, a quello terapeutico di Madame Blanche e che non è solo progressivo ma anche attorcigliato su se stesso e costretto ad arrestarsi a un certo punto, oltre il quale il personaggio deve camminare con le proprie gambe senza che l’analista o lo spettatore possano fare più nulla per lui.  All’inizio della storia, Anna manifesta il proprio disagio psichico attraverso un’aggressività che sembra non avere apparenti ragioni. Più che in analista, Madame Blanche si trasforma, consapevolmente, in una nuova figura materna. Sostituendosi alla madre naturale, la psichiatra non solo offre ad Anna un altro modello di maternità, ma si garantisce un canale comunicativo che altrimenti non avrebbe potuto stabilire. Usando un linguaggio esclusivamente simbolico, Anna rivela la natura della sua gabbia, una gabbia costruita dalla propria famiglia d’origine. Anna, ritrovato un equilibrio stabile grazie a una seconda e meno traumatica infanzia, è pronta a tornare a casa. La nuova genesi è anch’essa un nuovo lutto: quello della seconda madre, Madame Blanche, costretta a cedere la figlia alla sua prima e vera madre.