The Boy With Green Hair, Usa 1948 / Durata (min) 82
Genere: Drammatico/ Fantastico
Regia: Joseph Losey
Cast: : Dean Stockwell (Peter), Pat O’Brien (il nonno), Robert Ryan (il dottor Evans), Barbara Hale (la maestra), Samuel S. Hinds (il dottor Knudsen); Richard Lyon (Michael), Regis Toomey (il lattaio), Charles Meredith (Peter)
Fascia età personaggi: pre adolescenza
Sinossi
Peter, un bambino inglese di dieci anni, perde i genitori nel corso della seconda guerra mondiale. Dopo diverse sistemazioni provvisorie va finalmente a vivere col nonno, un uomo dal temperamento artistico che lo accudisce con amore e dedizione vincendo le sue iniziali diffidenze. Una mattina, tuttavia, Peter si sveglia con i capelli di colore verde. La curiosità iniziale che l’insolito fenomeno suscita presso gli altri abitanti della cittadina e i compagni di scuola si trasforma ben presto in un atteggiamento persecutorio. Peter vorrebbe che i suoi capelli tornassero di colore normale, ma l’incontro in un bosco con altri orfani di guerra, che sembrano aver preso vita da alcuni manifesti appesi sui muri della scuola, fanno capire al ragazzo che i suoi capelli sono il simbolo di un destino volto a testimoniare la brutalità della guerra e la necessità della pace.
Critica
Tratto da un breve racconto di poche pagine, Il ragazzo dai capelli verdi è innanzitutto una parabola contro la discriminazione e il razzismo insiti in quella provincia che la letteratura e il cinema hanno spesso idealizzato nel cosiddetto sogno americano e che qui, invece, si trasforma in una sorta di incubo. Il colore dei capelli di Peter, infatti, fa del ragazzo un diverso costretto così a subire la persecuzione di coloro che lo circondano, siano essi bambini, siano essi adulti.
Girato negli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale, il film fonde questo tema a quello della guerra – assente nel racconto originale – trasformandosi in un sorta di atto d’accusa e manifesto a favore della pace, che vede proprio nei bambini le vittime prime della guerra. Particolarmente importanti a questo proposito le scene in cui Peter incontra gli altri immaginari orfani e legge la lettera-testamento del padre, un medico perito sotto i bombardamenti, che lo invita a impegnarsi e lottare contro i mali del mondo e la violenza degli esseri umani.
La storia di Peter – dalla morte dei genitori ai diversi affidamenti sino alla consapevolezza della propria diversità – si configura anche come una vera e propria storia di formazione e costruzione del sé che approda a una ben precisa coscienza sociale che assegna all’individuo compiti determinati e un dovere di testimonianza ed impegno.
Importante nel film anche il ruolo dell’immaginazione: le scene dei manifesti che si animano a scuola, dell’incontro nel bosco con gli altri orfani e di quello del re, rappresentano sia le paure e le ansie del piccolo Peter, sia il tentativo da parte dello stesso protagonista di trovare una risposta positiva a una situazione che lo vuole vittima della guerra ed emarginato dal pregiudizio. Del resto questa dimensione immaginaria è strettamente legata al carattere fiabesco del film, al linguaggio infantile che lo attraversa, al tono naif di molte situazioni, alla natura ludica di diversi episodi – si pensi in generale al rapporto fra Peter e il nonno bonario che sembra uscito da un racconto di Charles Dickens o da un romanzo di Lewis Carrol.
Questa dimensione fiabesca ha così il compito di equilibrare gli aspetti più drammatici del film – la morte dei genitori, le persecuzioni di cui è vittima il protagonista – e di facilitarne la visione anche presso un pubblico infantile e adolescenziale. Importante a questo proposito è, ad esempio, la scena in cui Peter, in bagno, scopre quasi divertito che i suoi capelli sono diventati verdi: un evento destinato a volgersi in dramma è introdotto in forma di commedia. Del resto, il carattere a tratti trasfigurato dagli eventi è dovuto anche al fatto che tutta la storia è narrata – in un lungo flashback – dallo stesso Peter e dalla sua soggettività. Non si può infine dimenticare come questo manifesto contro la persecuzione e l’intolleranza sia stato girato proprio nei primi anni del maccartismo e delle cosiddette liste nere su cui finirono, non a caso, anche lo stesso Losey insieme agli altri sceneggiatori del film.