The Village of the Damned, Gran Bretagna 1960 / Durata (min) 77
Genere: Fantascienza
Regia: Wolf Rilla
Cast: : George Sanders (Gordon Zellaby), Michael Gwynn (Alan Bernard), Barbara Shelley (Anthea Zellaby); Laurence Nausmith (Doctor Willers), John Phillips (General Leighton), Martin Sthephens David (David Zellaby
Fascia età personaggi: adolescenza, infanzia
Sinossi
Gli abitanti di un villaggio della Scozia perdono misteriosamente i sensi per alcune ore. Quando si risvegliano ogni cosa sembra essere tornata alla normalità ma, qualche settimana più tardi, alcune donne scoprono di essere rimaste, in quell’occasione, incinte. Tutte partoriscono insieme, dando vita a bambine e bambini biondissimi e con gli occhi azzurri. Presto essi si dimostrano in grado di apprendere con grande rapidità e di essere dotati di strani poteri: come il leggere nel pensiero e il comunicare telepaticamente fra loro. Freddi e insensibili nei confronti degli altri, decidono di andare a vivere tutti insieme per conto proprio e chiunque cerchi di ostacolarli finisce col rimanere ucciso. Gli abitanti del villaggio e le autorità scientifiche si rendono conto che i bambini e le bambine sono in realtà una specie aliena che mira alla conquista del mondo. Il dottor Zellaby, “padre” di uno di loro, si sacrifica per il bene della comunità e munitosi di esplosivo li fa saltare in aria, perdendo con loro la vita.
Critica
Considerato uno degli esiti più rilevanti della grande stagione del cinema di fantascienza degli anni Cinquanta, Il villaggio dei dannati mette in scena l’aperto conflitto che viene a crearsi in una cittadina scozzese fra un gruppo di bambini e bambine di origine aliena e il mondo degli adulti. Letto in termini metaforici tale conflitto è l’immagine dell’impossibilità di mediazione fra i due diversi gruppi, la rappresentazione di un mondo in cui non vi è possibilità di comunicazione alcuna fra adulti e bambini.
Attraverso un esplicito e provocatorio rovesciamento del sentire comune, il film attribuisce ai bambini il ruolo del male e agli adulti quello del bene – si pensi ad esempio a come la violenza sia qui esercitata dai bambini nei confronti degli adulti e non viceversa. Risulta particolarmente inquietante per lo spettatore il fatto che questa parte sia qui assunta da bambini, che così perdono quell’aura di innocenza che quasi sempre la nostra cultura gli attribuisce. Non solo, ma la stessa figura dell’educatore – qui incarnata dal dottor Zellaby – risulta incapace di instillare nei bambini alieni qualsiasi principio morale, finendo così col vedere azzerata la propria funzione.
Impietoso anche il modo in cui il film dipinge il tema della maternità, sia durante la gravidanza, sia nel periodo dell’educazione vera e propria. Nella prima fase la misteriosa causa, che ha determinato la fecondazione delle diverse donne del villaggio, crea inevitabilmente ansie, equivoci e fraintendimenti che spesso portano alla disgregazione di diversi nuclei familiari. Dopo la nascita dei bambini, invece, il film si sofferma di tanto in tanto sul dolore delle madri che si rendono conto dell’assenza, nei loro figli, di qualsivoglia reazione emotiva a un bacio piuttosto che a una carezza: quasi a disegnare la precocità di un distacco adolescenziale che è in realtà tappa pressoché inevitabile di ogni relazione fra genitori e figli.
Importante, nel conflitto fra adulti e bambini, anche il ruolo svolto dalle dinamiche di gruppo: mentre i primi si dividono in diverse fazioni con differenti obiettivi – c’è chi vorrebbe eliminare tutti i «figli dell’invasione» mentre altri sperano ancora di poterli in qualche modo «convertire» -, i secondi agiscono come «un sol uomo», esprimendo al loro interno compattezza e solidarietà assolute e difficilmente raggiungibili. Si ritrova qui un altro topos della fantascienza occidentale degli anni della Guerra fredda, dove il bene si caratterizza anche per il suo essere somma di individualità diverse e si contrappone a un male contrassegnato, invece, da una logica in cui l’individuo si annulla nel gruppo, nel collettivo di cui è parte.