The Karate Kid part III Usa 1989 / Durata (min) 112′
Genere: Azione
Regia: John G. Avildsen
Cast: : Ralph Macchio (Daniel La Russo), Pat Morita (Kesuke Miyagi), Robyn Lively (Jessica), Thomas Ian Griffith (Terry Silver), Martin Kove (John Kreese), Sean Kanan (Mike Barnes), Jonathan Avildsen (Snake), Christopher Paul Ford (Dennis), Randee Heller (Lucille), Pat E. Johnson (l’arbitro);
Fascia età personaggi: giovani adulti
Sinossi
Divenuto campione di karate, il diciannovenne Daniel La Russo, rientrato dal Giappone, rinuncia a iscriversi all’università per investire tutti i suoi soldi in un negozio di bonsai e realizzare così un vecchio sogno del suo allenatore e maestro Miyagi. Contemporaneamente vorrebbe iscriversi al torneo vinto l’anno prima per difendere il titolo, ma Miyagi si rifiuta di allenarlo, poiché lo scopo del karate non è conquistare un trofeo, ma disciplinare la propria vita. Daniel si rivolge allora a Terry Silver, imprenditore miliardario, anche lui maestro karateca, non sapendo che Silver, amico di Krees, intende vendicarsi del maestro giapponese conducendo il suo allievo prediletto sulla cattiva strada. L’obiettivo di Silver è trasformare Daniel da atleta leale a lottatore scorretto. Quando sembra che il piano riesca, Miyagi interviene e accetta di allenare il ragazzo per il torneo. A quel punto la vittoria di Daniel contro Mike Barnes, altro allievo violento di Silver, è inevitabile.
Critica
Danie è come uno di quei rari bonsai che per crescere non ha bisogno della cura paziente del coltivatore, ma si sviluppa da solo, scegliendo autonomamente la fisionomia da assumere, ha radici forti e anche quando i rami si spezzano riesce ugualmente a tornare alla bellezza e alla vitalità originaria. La metafora è sin troppo evidente e ritorna puntuale nel corso di tutto il film. Daniel segue lo stesso percorso della pianta. Dal momento che è libero di fare le proprie scelte perché ha radici salde, è portato a sbagliare, a scegliere le soluzioni peggiori per risolvere le diverse situazioni. Tuttavia Daniel, benché impulsivo, ancora immaturo e troppo facile ai condizionamenti esterni, è destinato ad accorgersi autonomamente dove sta il male e dove sta il bene e a scegliere quest’ultimo, in un processo di acquisizione di saggezza che nasce dagli errori. La conseguenza principale di tale visione critica è che il processo di crescita e maturazione dell’adolescente comprende, accetta e, per certi versi, incoraggia un periodo di necessaria trasgressione e devianza. In fin dei conti, sembra suggerire la morale del film, se una persona ha l’animo buono, è destinata per forza di cose a crescere bene, a diventare un adulto responsabile e saggio, anche se deve superare un momento di sbandamento inevitabile, comprensibile, accettabile. La trasgressione nasce dal modo in cui si usa la violenza. Lo sport, così, trova giustificazione fuori dagli schemi tradizionali della competizione. Il combattimento finale tra Daniel e Mike Barnes lo dimostra.