IL SEGRETO DI ESMA

 


Grbavìca, Austria-Bosnia Herzegovina-Germania 2005/ Durata (min) 90′

Genere: Drammatico

Regia: Jasmila Žbanic

Cast: : Mirjana Karanovic (Esma), Luna Mijovic (Sara), Leon Lucev (Pelda), Kenan Catic (Samir), Dejan Acimovic (Cenga), Bogdan Diklic (Saran), Emir Hadzihafisbegovic (Puska), Ermin Bravo (il professor Muha), Semka Sokolovic (la madre di Pelda), Maike Hohne (Jabelka)

Fascia età personaggi:  adolescenza


Sinossi

Sarajevo, 2006. Esma sopravvive affrontando le difficoltà quotidiane nel quartiere di Grbavìca con sua figlia quattordicenne Sara. Nel tessuto urbano della città sono ancora ben visibili le ferite della lunga guerra jugoslava, degli assedi serbo-bosniaci risalenti appena a un decennio prima, che segnano nel profondo anche l’animo dei suoi abitanti. Il rapporto con Sara, adolescente ribelle e irrequieta, che lei adora, è conflittuale e Esma porta nel suo cuore un pesante segreto, risalente a quel periodo disumano. Sara, convinta di essere figlia di uno šehid, un martire musulmano eroe di guerra, non sa che in realtà è stata concepita in seguito a uno stupro etnico. Quando la ragazzina torna da scuola chiedendole di partecipare a una gita scolastica, Esma non esita a trovare un secondo lavoro notturno per guadagnare il denaro necessario, anche se i figli degli šehid possono parteciparvi senza pagare. Insospettita, Sara mette alle strette la madre, così arriva il duro momento della verità, che porta madre e figlia alla piena consapevolezza del forte amore che le lega.


Critica

Quella di Sara e Esma è una vicenda interpersonale, di dolore privato, racchiuso fra le pareti domestiche di un piccolo nucleo familiare, in grado, però, di rappresentare emblematicamente un dolore comune, ben più ampio, esteso a un’intera generazione alla ricerca di un nuovo equilibrio. La documentarista Jasmila Žbanic racconta con stile asciutto e diretto l’animo intimo della Bosnia Erzegovina odierna, la ferita ancora aperta di una Sarajevo martoriata dalla guerra etnica nel cuore dell’Europa, appena un decennio fa. Esma frequenta un centro di assistenza dedicato alle donne musulmane vittime degli stupri etni, in cerca di solidarietà e un po’ di sollievo per quel pesante segreto che si porta dentro, straziata e divisa fra il senso di colpa, la vergogna, l’amore incondizionato per la figlia. Inevitabilmente il rapporto madre-figlia, con quest’ultima in una fase della crescita complicata, assume i tratti della conflittualità, dello scontro, del bisogno di riconoscersi o disconoscersi nell’altro. Presto le chiacchiere che arrivano dall’esterno del nucleo familiare, le voci maligne dei compagni di scuola, spingono l’adolescente a farsi tante domande sulle sue origini, mettendo in crisi le certezze sulla sua identità. La situazione esplode, quando Sara si spinge a puntare una pistola contro la madre pur di sapere la verità, in uno scontro durissimo fra due donne ferite, in cui Esma, sull’orlo di una crisi isterica, rompe gli argini imposti alla sua memoria e svela finalmente la terribile verità. È un percorso di catarsi spietato ma necessario quello a cui Esma è costretta dalle intransigenze dell’adolescenza di Sara. La cui assenza di mezze misure, di compromessi, di edulcorazioni, tipiche della sua età, rappresenteranno il maggior viatico per una rigenerazione vera, autentica, senza filtri, che si arrocca finalmente sul valore dei gesti, sul vero senso delle parole, sul significato degli sguardi. Quando Sara salirà sull’autobus in gita scolastica con i propri coetanei e inizierà a cantare “Sarajevo, amore mio”, il tenero accenno di saluto scambiato con la madre dal finestrino della vettura è già linguaggio denso di sentimenti, comprensioni, accettazioni del sé.