IL SUO NOME E’ TSOTSI

 


Tsotsi, Gran Bretagna-Sudafrica 2005/ Durata (min) 91′

Genere: Drammatico

Regia: Gavin Hood

Cast: Presley Chweneyagae (Tsotsi), Mothusi Magano (Boston), Kenneth Nkosi (Aap), Zenzo Ngqobe (Butcher), Terry Pheto (Miriam), Zola (Fela), Rampulana Seiphemo (John), Nambitha Mpumlwana (Pumla), Jerry Mofokeng (Morris), Ian Roberts (il capitano Smit);

Fascia età personaggi: infanzia


Sinossi

Nella baraccopoli del ghetto di Soweto, alla periferia di Johannesburg, la vita è dura anche al giorno d’oggi. Tsotsi, non ancora ventenne, è capo di una piccola banda di coetanei, criminali senza qualità, che si danno a furti e rapine nei quartieri più ricchi, vivendo all’insegna della violenza, anche gratuita. In effetti, nel gergo della township, “Tsotsi” è un soprannome che significa “piccolo delinquente di strada”. Il suo vero nome fa parte di un passato cancellato dall’infanzia passata per strada, dove ha dovuto imparare presto a sopravvivere. Per rubare un’auto nei quartieri alti, Tsotsi spara a una donna e, involontariamente, porta via anche il neonato addormentato sul sedile posteriore. Il ragazzo decide di prendersi cura del piccolo e, attraverso quest’inaspettata e difficile esperienza, la sua vita cambia.


Critica

La vicenda di Tsotsi, giovane delinquente cresciuto da solo per strada, alla periferia della città di Johannesburg, è paradigmatica delle difficoltà di un’infanzia vissuta nell’abbandono, condizione terribile per una schiera di “bambini invisibili” che vivono ai margini di ogni società del Sud del mondo, che abitano in quartieri sempre uguali con la loro teoria di strade polverose, baracche, stanze spoglie. Su di loro, più che su altri, si riversano disparità, contraddizioni e ingiustizie del nostro tempo. La vicenda segue un percorso lineare di redenzione che, nondimeno, incomincia da un limbo di disagi e di crimini, imbevuto di violenza e prevaricazione, dentro il quale il giovane protagonista è costretto a sopravvivere, sospinto dagli eventi, in conflitto con la propria natura aggressiva e, soprattutto, con le conseguenze delle proprie azioni. Il mondo di Tsotsi è fatto di contrasti: baracche/grattacieli, ricchezza/povertà, rabbia/dolore. Il giovane stesso mostra una duplice anima: sotto la dura corazza di rabbia e violenza si cela la sua umanità, la sua fragilità e tenerezza, il suo bisogno di amore e di aiuto, di attenzione e di rispetto. Il soprannome scelto dal ragazzo è emblematico del destino che gli è toccato in sorte: quello del criminale di strada. Nella rimozione del proprio vero nome c’è però anche il sintomo di un rapporto traumatico e non risolto con la famiglia d’origine. Il furto dell’auto nel quartiere residenziale, culminato con lo sparo contro la donna, poteva essere l’ennesimo atto criminale, ma la presenza del neonato sul sedile posteriore capovolge le prospettive. Non si tratta di una naturale reazione di tenerezza nei confronti di un essere innocente e indifeso. Tsotsi vede nel bambino sé stesso, in efficace gioco di rispecchiamenti, proiezioni, rievocazioni. Dandogli il suo vero nome, David, il giovane inconsapevolmente recupera la propria identità e sente la necessità di cambiare, di riallacciare rapporti umani e affettivi, da tanto tempo dimenticati. Centrale in questo percorso l’incontro con la giovane madre Miriam, che Tsotsi avvicina con la consueta prepotenza, per costringerla ad allattare il piccolo, ma che poi lo aiuterà nella sua rinascita di uomo e di padre, anche con la forza del suo tenero senso materno. È il senso di responsabilità paterno verso il neonato che lo permea, il dovere della protezione e del suo sostentamento che lo porta a rivalutare significati dell’esistenza e codici valoriali. Sente la necessità di chiarire i suoi rapporti con gli amici, si pone nella logica di emanciparsi anche economicamente, vuole vedere con i suoi occhi quanto amore possono dare i veri genitori al bimbo che ha involontariamente rapito e ora intende crescere. Quest’ultima necessità gli costa un nuovo e terribile atto di violenza: per salvare la vita del padre del piccolo è costretto a uccidere uno dei suoi compari. Ma David (non più Tsotsi) ha imboccato la strada della redenzione, alla ricerca della sua vera identità, e decide di fare la cosa giusta, restituendo il neonato alla famiglia e arrendendosi alla Polizia.