LE CERF-VOLANT

 



Libano-Francia, 2003 / Durata (min) 80′

Genere: Drammatico

Regia: Randa Chahal Sabag

Cast: : Flavia Bechara (Lamia), Maher Bsaibes (Youssef), Rasma Asmar (Amira), Renée Dick (Mabrouke), Julia Kassar (Jamilé), Lialiane Nemri (Shirine), Ziad Rahbani (Ziad), Nayef Naji (Zalfa), Edmond Haddad (Sami);

Fascia età personaggiadolescenza


Sinossi

In un villaggio del Libano, al confine con Israele, Lamia, una sedicenne bella e sensuale, gioca ancora con gli aquiloni insieme al fratellino di dieci anni e ad altri suoi amici, in una zona militarizzata e cosparsa di mine. Il villaggio è letteralmente diviso in due dal filo spinato sistemato dall’esercito israeliano per annettere piccole porzioni di territorio nottetempo. Benché i passatempi siano quelli di una bambina, Lamia ha già il corpo di una donna ed un’età da marito. Così gli anziani del villaggio decidono di darla in sposa ad un cugino che sta dall’altra parte del filo spinato. Per colpa del matrimonio al buio, di una vita silenziosa nella casa del cugino ed di un divorzio che si rende inevitabile e che la emargina definitivamente dalla comunità,  Lamia, infelice, poco per volta sfiorisce. C’è solo un pensiero che le permette di superare le sue giornate di solitudine: quello di incontrare – tête à tête – un soldato israeliano di frontiera con cui sono stati scambiati sguardi di attrazione reciproca. L’unico modo per raggiungerlo, però, è quello di attraversare un campo di mine, violando il primo precetto sociale della sua società: non fraternizzare mai con il nemico.


Critica

La pace si misura sulle cartine. Tracciare confini, annettere o concedere porzioni di terra, aggiungere vedette, posti di blocco, forze di interposizione, dichiarare o meno la guerra, sono scelte che non spettano ai popoli, alle persone di buona volontà, semmai a figure di cui sfuggono competenze, ruoli, facce, provenienza. Da questa convinzione il cineasta parte per descrivere la vita di frontiera di una comunità libanese: esiste un confine che attraversa due paesi in perenne stato di fibrillazione e che separa, senza logica umana, ma solo geopolitica, i villaggi, le famiglie, gli amici, gli innamorati eppure non c’è nulla da fare, nessuno con cui prendersela. Le difficoltà di comunicazione cui sono obbligati i cittadini sono forse quelle meno pesanti da sopportare, anche se si è costretti a parlare tra parenti e amici con i megafoni e sotto stretto controllo dei militari di frontiera. In realtà, gli sguardi, certi gesti, certe posture sfuggono all’occhio di chi vigila ed è ancora possibile capirsi, urlarsi neologismi, combinare persino un matrimonio. Ben più opprimente è la negazione del diritto a muoversi, correre, volare, innamorarsi, giocare. È il disconoscimento della libertà, che rappresenta il primo tra i diritti umani, sociali, politici di un individuo, quello che viene affermato dai fili spinati e che vessa Lamia e i suoi concittadini. Facile, dunque, per lo spettatore leggere tutte le sue azioni presenti nel film come un tentativo, destinato a soffocare, di riprendersi quella libertà che le tradizioni, le guerre, le frontiere vietano. Ancor più semplice valutare le colline brulle del Libano, la terra arsa, le case spoglie, l’assenza di qualsiasi tessuto sociale, come il segno simbolico di una soggezione dell’individuo al potere che è e rimane ineludibile, che è già presente dentro l’ambiente naturale circostante e che rappresenta il sintomo di una malattia sociale incurabile. La regia da videoclip rende questo cortocircuito ancora più incomprensibile: il linguaggio accattivante della macchina da presa dovrebbe correre parallelo con i nuovi linguaggi di cui si nutrono gli adolescenti, almeno quelli europei o americani. Evidentemente per i ragazzi libanesi o israeliani non può essere così: nelle sue condizioni, Lamia non conosce altro che il silenzio, l’opposizione con un muto sguardo a qualsiasi parola che le viene raccontata dagli adulti. Attraversare il campo minato per raggiungere l’uomo dei suoi sogni è, insieme, l’unica possibilità per alterare un ciclo di ingiustizie senza fine e l’occasione per sacrificarsi sull’altare dell’amore. Lamia sopravvivrà alla passeggiata mortale?