MARCELLINO PANE E VINO

 



Marcelino pan y vino, Spagna-Italia 1955 / Durata (min) 91′

Genere: Drammatico, Commedia

Regia: Ladislao Vajda

Cast: : Pablito Calvo (Marcelino), Fernando Rey (il monaco narratore), Rafael Rivelles (il padre superiore), Juan Calvo (frate Francisco), Antonio Vico, Juanjo Menéndez, Mariano Azaña, Carmen Carbonell, Carlota Bilbao;

Fascia età personaggiinfanzia


Sinossi

Marcellino è il protagonista di un’antica leggenda popolare spagnola tramandata da secoli. Raccolto, ancora in fasce, da alcuni frati francescani e allevato in convento con amorevole cura, Marcellino cresce senza amici, giocando con un amico immaginario di nome Manuel. Con lui ne combina di tutti i colori, assicurandosi sempre il severo piglio e l’amorevole perdono dei frati. Un giorno, però, trasgredisce il divieto di salire all’ultimo piano del convento e visita segretamente le soffitte. Vi trova un crocefisso abbandonato e spontaneamente inizia a raccontargli i suoi problemi e le sue angosce. Le visite continuano in segreto per molti giorni: Marcellino porta a Gesù pane e vino sottratti dalle dispense, chiacchiera con lui; è naturale che Cristo, a un certo punto, gli risponda e lo consoli. Così, quando Marcellino chiede di andare a trovare la mamma in paradiso, Gesù decide di accontentarlo, consapevole che egli starà meglio insieme alla madre nel regno dei cieli piuttosto che solo sulla terra.


Critica

Marcellino è un bambino abbandonato sui gradini del portone di un convento, rifiutato dagli abitanti del luogo, costretto a crescere in una comunità molto diversa dalla famiglia, il nucleo più adatto a educare i figli. È nell’assenza della madre e contemporaneamente nella moltiplicazione delle figure paterne che si trovano le premesse dei miracolosi dialoghi di Marcellino con Gesù, nati dall’esigenza del bambino di trovare un interlocutore più “credibile” dei frati o dell’amico immaginario Manuel, capace di comprendere i moti di solitudine e tristezza che anche un bimbo allegro e pestifero nasconde dietro l’indole estroversa. La vicenda di Marcellino non assume i canoni della verità o della verosimiglianza, quanto piuttosto quelli delle parabole evangeliche, nelle quali Gesù, attraverso racconti metaforici, allusivi o apparentemente lontani dalla quotidianità, catechizzava i propri discepoli. In questo caso il significato ultimo della favola è quello di esaltare, in maniera indiretta, la centralità della famiglia e all’interno di essa la figura della madre. Se da una parte i frati del convento rappresentano coloro che cercano di colmare con buona volontà il vuoto d’affetto, dall’altra il loro tentativo è destinato a fallire in partenza, perché solo un genitore può dare il giusto e naturale amore a un figlio. In questo vuoto si trova la radice dei comportamenti di Marcellino. Solo dopo aver descritto molto dettagliatamente il profilo psicologico del bambino e quello delle persone che gli sono accanto è introdotta nel racconto la figura di Gesù le cui parole appaiono naturali e non miracolose. È questa la caratteristica del dialogo: l’assoluta necessità e spontaneità dell’amicizia tra Gesù e il bambino, che, da un lato, appare come una fuga dal reale e dalle sue brutture e, dall’altro, si rivela come un viaggio verso una realtà più vera, più logica e più giusta di quella terrena. La soffitta è un altro mondo rispetto al convento, nessuno vi ha accesso perché solo l’immaginazione e l’innocenza di un bambino possono concepirne la presenza. Da questo punto di vista diventa altresì ragionevole l’ultima richiesta di Marcellino. Se l’unico modo per vedere la mamma è andare in paradiso, allora è bene accettare la morte, anche se ciò significa pregare per un’azione che si avvicina, almeno apparentemente, al suicidio o all’eutanasia. In realtà occorre rovesciare la logica consolidata dal momento che ciò che la religione solitamente condanna, in questo caso, è messo in pratica dallo stesso Gesù. Ci troviamo in un ambito che fa della semplicità e della spontaneità i suoi punti di riferimento e che evita appositamente qualsiasi sovrastruttura di carattere ecclesiale. Non a caso Marcellino dà da mangiare a Gesù pane e vino, gli alimenti più poveri e insieme più cristiani che esistano. Nel significato immediato e concreto e insieme simbolico e universale di questi due cibi vorrebbe risiedere lo spirito del film.