PICCOLO BUDDHA

 


Little Buddha, Francia /Gran Bretagna 1993/ Durata (min) 186′

Genere: Drammatico

Regia: Bernardo Bertolucci

Cast: : Keanu Reeves (Siddharta), Chris Isaak (Dean Konrad), Bridget Fonda (Lisa Konrad), Alex Wiesendanger (Jessie Konrad), Ying Ruocheng (Lama Norbu), Jo Champa (Maria);

Fascia età personaggi:  infanzia


Sinossi

Anni Novanta. Norbu, Lama buddhista del Buthan, prima di morire vuole ritrovare la reincarnazione del suo maestro, Lama Dorje, morto otto anni prima. Secondo alcune premonizioni crede di averlo ritrovato in Jessie, un bambino di otto anni che vive a Seattle. Un gruppo di monaci contatta la famiglia di Jessie. Dopo un primo momento d’esitazione, Dean, il padre del bambino, decide di accompagnarlo nel Buthan dove incontrerà altri due bambini possibili reincarnazioni del Lama. Per prepararsi alla prova ed entrare a contatto con la religione buddhista, il bambino legge un libro illustrato sulla vita di Siddharta (il Buddha), le cui immagini si mescolano, nella sua mente, a quelle del presente. Alla fine del percorso iniziatico, Lama Norbu scoprirà che il suo maestro si è reincarnato in tutti e tre i bambini e potrà lasciare serenamente questa vita.


Critica

L’essenza della vita umana si trova nella sua fragilità, nella sua transitorietà. Come un mandala di sabbia, pazientemente costruito dai monaci, che viene spazzato via in un sol colpo da una mano, il percorso esistenziale dell’uomo e della donna può terminare bruscamente per ragioni spesso inintelligibili, non importa quanto in là sia andato, quanto complesso e stratificato esso sia diventato. Occorrono una consapevolezza “leggera” delle cose, un itinerario di avvicinamento alla morte che passa attraverso il desiderio di conoscenza e la convinzione che il trapasso è un concetto labile, almeno per chi, come il Lama Norbu, abbraccia la dottrina buddhista e crede nella reincarnazione. Nella società occidentale, ben rappresentata dai grigi grattacieli di Seattle e dalle anonime case di vetro costruite da Dean, tale percorso di consapevolezza è precluso a tutti, a eccezione dei bambini. È interdetto a Lisa, madre di Jessie, così come a Dean, ingegnere in carriera, intriso degli ideali del successo e del denaro. “Vietato ai maggiori di quattordici anni”, il mito del Siddharta è invece facilmente accessibile per Jessie, la cui fervida immaginazione ben si accorda con il mondo fantastico e pieno di colori che trova nelle pagine del libro regalatogli da Lama Norbu, dove è narrata la storia del Buddha. Raju, Gheeta e Jessie non ci mettono molto a fare amicizia. Giocano agli stessi giochi, parlano la stessa lingua, fanno parte cioè di una stessa comunità, quella dei bambini, dove non contano provenienza geografica, lingua, ceto sociale, sesso, religione. La fratellanza tra i tre ragazzi estremizza ancor di più la doppia dicotomia presente in tutto il film, quella tra adulti/bambini e quella tra occidente/oriente: alla chiusura mentale degli adulti si contrappone l’apertura di Jessie che supera, grazie al proprio candore, le differenze culturali che lo separano dai suoi due amici; all’aridità di un approccio consumistico occidentale si replica con un modello di tolleranza e fratellanza orientale. L’avvicinamento del regista alla religione buddista ha dunque una dimensione molto laica: la reincarnazione è un mezzo per mettere in evidenza l’ecumenismo e l’interculturalità< che dovrebbero essere presenti tra gli esseri viventi, è un modo per superare la falsa certezza nei valori del consumismo, è il volano per vivere con equilibrio, leggerezza e consapevolezza la propria vita. Come insegna la saggezza buddhista: «Se tendi troppo la corda si spezza, se la lasci troppo lenta non suona»