ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

IL CASO GOLDMAN | Liberté, Égalité, Fraternité e Antisemitismo

Titolo originale: Le Procès Goldman
Regia: Cédric Kahn
Anno: 2023
Produzione: Francia

una recensione a cura di Chiara Lepschy e Giuseppe Minerva

Il caso Goldman del regista francese Cédric Kahn esce nelle sale italiane in un momento politicamente difficile per l’Europa e la Francia, dove il Rassemblement National di Marine le Pen ha fatto il pieno di voti alle recenti elezioni europee. Coincidenza del tutto fortuita, ovviamente, trattandosi di un film presentato nel 2023 alla Quinzaine des Cinéastes del Festival di Cannes. Ma il tema trattato è fra i più sensibili, poiché tocca un nervo scoperto della società francese: l’antisemitismo e le sue relazioni con le istituzioni politiche.

Il caso Goldman img 1 beppe e chiara

Pierre Goldman è un militante di estrema sinistra figlio di Alter Mojze Goldman, ebreo di origine polacca ed eroe della resistenza francese durante l’occupazione tedesca. La storia personale di Pierre e gli eventi che lo portarono agli onori della cronaca esemplificano in modo quasi didattico quello che era il sostrato culturale e politico dell’Europa e della Francia – nel caso specifico – durante gli anni ‘70 del Novecento: radicalizzazione politica, terrorismo o attività fiancheggiatrici dello stesso e forti contrapposizioni ideologiche a ogni livello della società civile e istituzionale. In tale contesto, Goldman è arrestato, portato a processo e condannato per quattro rapine a mano armata compiute qualche anno prima ai danni di farmacie e piccoli negozi, una delle quali conclusasi con la morte di due persone e il ferimento di una terza. Ma Pierre Goldman rifiuterà sempre l’accusa di duplice omicidio, mentre confessa immediatamente la paternità delle altre tre rapine. Nel 1976 si aprì – sotto i riflettori della stampa e l’interesse di una parte del mondo intellettuale francese – il secondo processo, nel corso del quale Goldman avrebbe rischiato, ove riconosciuto colpevole, la condanna all’ergastolo o alla pena di morte, formalmente abrogata in Francia solo nel 1981. Come prevedibile, il processo si svolse in un clima socialmente e politicamente acceso: i tre avvocati difensori dovettero impegnarsi a fondo – talvolta in contrapposizione con lo stile e le intemperanze dello stesso Goldman – per dimostrare l’innocenza del proprio assistito nei confronti del crimine più grave, al quale si era dichiarato estraneo con la provocatoria formula “Sono innocente perché sono innocente e nessuno può farci nulla”.

Cédric Kahn affronta il tema dell’antisemitismo francese in un momento storico in cui la presa politica dell’estrema destra sull’elettorato è sempre più forte. Il film – quindi – non vede la luce casualmente e ancora una volta è il cinema a porre l’accento su una questione chiave per la Francia ma non solo. Appena cinque anni fa, era il 2019, un altro regista ben più noto – Roman Polanski – girò L’ufficiale e la spia, tornando a parlare dell’affare Dreyfus. Molti si chiesero le ragioni della rievocazione di un evento così lontano nel tempo, che meglio di altri – però – poneva l’accento sulla questione ebraica in Europa. E la risposta implicita fu che questa, spesso a causa di forti venature nazionalistiche, non era mai stata superata e rischiava di tornare drammaticamente d’attualità.

Il regista confeziona un legal movie di taglio quasi teatrale sia per la costruzione scenica, interamente conchiusa nell’aula giudiziaria in cui si tiene il processo, sia per la recitazione dei personaggi principali. Al centro di tutto vi è l’imputato, la cui vita è serrata fra il desiderio di essere all’altezza del padre – eroe partigiano della resistenza francese – e la difficoltà di realizzare ideali rivoluzionari e di sinistra che già a metà anni ’70 risultavano, a un occhio politicamente e socialmente attento, prossimi al fallimento. Esemplificativa, da questo punto di vista, è la figura dell’intellettuale sudamericano – compagno di lotta di Goldman in Venezuela – che, chiamato a testimoniare, riconosce la sincerità e il valore morale dell’amico, descrivendone lo slancio – però – come fuori tempo massimo. Ma l’obiettivo di Pierre Goldman, non secondario rispetto al tentativo di evitare una dura condanna, era portare alla sbarra il sistema giudiziario e l’apparato di polizia francese, intrisi di un antisemitismo e, più in generale, di un razzismo che li spinsero da una lato a fare dell’imputato il perfetto capro espiatorio della vicenda – a dispetto delle gravi contraddizioni nelle testimonianze ascoltate in aula – e dall’altro lato a intimidire e ricattare la cerchia degli amici di Pierre, appartenenti per lo più a minoranze etniche. Un richiamo indiretto, da parte degli autori, alle attuali politiche migratorie francesi ed europee.

Il caso Goldman img 2 beppe e chiara

Particolarmente interessanti, in questo preciso momento storico, le parole conclusive di Goldman prima del verdetto: il suo essere ebreo non deve implicarne una condanna a priori ma nemmeno, specularmente, una sua assoluzione. E non può essere giudicato antisemita a prescindere chi vota per la condanna di un ebreo, purché questa sia frutto di un’attenta valutazione della reale colpevolezza dell’imputato. A suo modo, una disperata richiesta di normalità (e assimilazione).

L’assoluzione di Pierre Goldman dall’accusa di omicidio chiude il film ma non sarà l’ultimo atto della vicenda come ricordano le scritte che precedono titoli di coda. Scarcerato per buona condotta tre anni dopo la fine del processo, venne assassinato nel 1979. I responsabili non saranno mai identificati, nonostante la rivendicazione di una sconosciuta formazione di estrema destra. Qualcuno puntò il dito verso gli squadroni della morte organizzati dai servizi spagnoli nella lotta ai terroristi dell’ETA, con i quali Goldman era entrato probabilmente in contatto, mentre altri accusarono direttamente i servizi segreti francesi. Di certo, è uno dei tanti casi terroristico-giudiziari – che hanno caratterizzato l’Europa occidentale negli anni ‘70/’80 del Novecento – dall’oscura conclusione e dalla difficile interpretazione.

Ottima la recitazione di Arieh Worthalter nelle vesti del protagonista, non a caso insignito del Premio César come miglior attore. E buona prova nel ruolo di avvocato difensore per Arthur Harari, premiato di recente con l’Oscar alla miglior sceneggiatura originale per Anatomia di una caduta.

Il caso Goldman img 3 beppe e chiara

CORSI ONLINE

Newsletter

ANCHE QUEST'ANNO,
IL FESTIVAL DORA NERA
LO FAI TU!

Giorni
Ore
Minuti
Secondi