ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

INVELLE | La vita è sogno

Titolo internzazione: Nowhere

Regia: Simone Massi
Anno: 2023
Produzione: Italia, Svizzera

una recensione a cura di Elena Pacca

Abituare gli occhi

Lasciarsi andare

Seguire il flusso

Trattenere il respiro

Ascoltare le voci

Sentire i rumori

Questi e sicuramente anche altri sono i primi suggerimenti che mi vengono in mente per amare questo film che può sembrare piccolo ed è grandissimo. Innanzitutto per il lavoro che c’è alle spalle. Ma sarebbe fare un torto mettere in luce solo questo aspetto, anche se ci torneremo. E’ grande perché ha il pregio di dire cose senza pontificare. Di raccontarci di etica, dignità, coraggio senza essere didascalico o, peggio, moralistico. Di farci attraversare la storia, le storie, le brutture e gli inganni senza tediarci o appesantirci. Di parlarci della vita attraverso le vite di personaggi che si stratificano lungo epoche diverse in tre grandi tappe: la prima guerra mondiale, la seconda – i fascisti e la lotta partigiana – e poi Brescia e piazza della Loggia e il sequestro di Aldo Moro e di farlo in un luogo che è reale e al tempo stesso indefinito. Che è realtà ed è sogno.

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Poi c’è la bellezza del tratto, questo bianco e nero che sa di antiche incisioni, xilografie, sgorbie e rigore, nella più plastica delle morbidezze, cui quel vibrare incessante rende merito con il pregio di non far distaccare nemmeno per un attimo lo sguardo. Catturato quasi a tradimento da un vortice di piani sequenza e da movimenti di macchina che danno dinamismo e profondità a un’anima/azione che rifugge la piattezza e si cala nel dettaglio aprendo, al contempo, spazi ed estensioni che vanno di pari passo con il pensiero in un fluire di sequenze in continuo divenire, dove il trasformismo in transizione ci trasporta da un posto all’altro, da una situazione a un’altra. Sorvoliamo come sospesi, gli anni e le storie, la campagna e la città, la promessa del mare oltre le colline, i personaggi che vanno e vengono, l’Italia che scompare, quella che resiste e quella che muta, scarta e va avanti, l’arcaico e la modernità. Siamo assieme a Zelinda, Assunta, Icaro, i bambini di ogni tempo. Siamo insieme agli anziani, a chi non torna, alla vacca venduta, alla 500 Fiat.

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Grazie a loro, sì, ben 40.000 tavole, un anno di lavoro, una vera e propria officina della narrazione, fabbrica d’opera febbrile, di mani, sudore e sangue, di strumenti e lussazioni. Un disegno forte, scuro, incisivo e intenso. E poi ci sono sprazzi di colore che irrompono nel bianco e nero e sono giusti, ponderati, calibrati. Gocce cromatiche che hanno la funzione di una punteggiatura di ritmo e significato. Al pari dei rumori, dei suoni, di quella straordinaria “voce” altra, creata dal sound designer Stefano Sasso.

Ci sono Nuto Revelli, Marco Baliani, Ascanio Celestini, Neri Marcorè e Luigi Lo Cascio, Tony Servillo e Giovanna Marini e altri ancora mimetizzati che nemmeno li riconosci ma che danno luce alle parole scandite, al cantato. E c’è Filippo Timi riconoscibilissimo con la sua voce fonda, arrocata, greve e fanciullesca al tempo stesso.

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C’è il dialetto pergolese, ma che abbraccia una macrozona del centro Italia, che dà origine al bellissimo titolo. Invelle. Da “ovunque tu voglia” a “in nessun posto”. Un altro divenire, una mutazione che trasforma ma non recide. Un nowhere di luoghi e persone che sono soggetto e sono collettivo. Che sono il vissuto del singolo e la storia di tutti, in un’appartenenza sociale e civile che lascia una traccia che è racconto, tradizione orale, aneddoto o invenzione, una stratificazione che procede per aggiunta e per sottrazione, che si perde e poi si riallaccia.

Un film personalissimo e autoriale nel senso migliore del termine. L’animazione è un linguaggio ed è un linguaggio che si fa universale nel particolare, nel singolare raccoglie la pluralità di un sentire che è anche corale. Ciascuno ritrova e cuce il percorso emotivo a sua misura. Per chi c’era, anche se il ricordo è un ricordo bambino, spaurito, attonito, le parole di Castrezzati, da un palco che si sa ma non si vede, sono un colpo al cuore. E la memoria è già dolore.

Invelle è uno di quei film che applaudi per un senso di gioia, liberazione e commozione al tempo stesso. L’animazione cosiddetta per adulti, è un terreno poco esplorato. Di grande fascinazione e capace di convogliare sentimento e stupore in costante tensione emotiva. Simone Massi ci lavora da trent’anni e questo è il suo primo lungometraggio. Senza ombra di dubbio, l’anima c’è e si sente. Forte e chiara.

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